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l'AMANTE DEL DOGE di Carla Maria Russo

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RECENSIONE  1755. Il carnevale veneziano è all’apice dell’ebbrezza e della festa. La giovane Caterina Dolfin, nonostante il divieto materno, partecipa di nascosto a una festa in casa del console inglese Smith, per dimenticare per qualche ora i dispiaceri che l’assillano: la recente morte del padre, che l’ha educata all’amore per l’arte e allo studio della filosofia, la povertà e le nozze imminenti con un uomo che detesta, ma che la madre le impone. Nella biblioteca del palazzo, dove si rifugia per sfuggire al frastuono degli invitati, incontra Andrea Tron, ambasciatore della Serenissima, erede di una delle più facoltose famiglie veneziane, potente uomo politico, cui tutti predicono un futuro da Doge. Stregato dalla bellezza di Caterina e abituato a soddisfare ogni capriccio, Tron osa proporle un cinico patto: abbandonare il marito e divenire la sua amante, in cambio della sicurezza economica e della promessa di non intromettersi nella sua vita privata. Da quel momento Caterina si trasforma in un’adultera, ma anche in una donna padrona di sé, incurante del disprezzo della società, che non le perdona la coraggiosa sfida alle sue regole, e dell’odio implacabile di Cecilia Zen, innamorata del cognato Andrea Tron, la quale le tesse intorno torbide trame, che mirano a separare i due amanti e mettono Caterina in grave pericolo. Ma Tron, contro ogni aspettativa e contro la sua stessa volontà, è costretto ad ammettere che il legame con la Dolfina si è trasformato in un sentimento che non può ignorare e che esige una improrogabile e difficile scelta.

La STORIA VERA

Caterina è figlia di Giovanni Antonio Dolfin e Donata Salamon, entrambi di nobile casato ma appartenenti ai rami poveri e cadetti delle rispettive famiglie. È il padre ad avviarla – e Caterina è attenta e brillante allieva – all’amore per la lettura, ai piaceri della società e della bellezza. La morte di lui però (1753) lascia la famiglia in condizioni ancor più critiche, che la moglie si trova sola ad affrontare. La madre, diversamente dal consorte, ritiene che la cosa migliore per la figlia sia un buon matrimonio. Caterina è una ragazza molto bella (bionda, minuta, profondi occhi azzurri), ma la mancanza di dote ostacola un matrimonio altolocato; però Donata trova denaro in prestito, e riesce a combinarne uno non troppo svantaggioso, che si celebra nel 1755: il fortunato sposo è Marcantonio Tiepolo, ramo cadetto di San Polo. Non ha vent’anni e Caterina si sente già finita. Chiusa nella casa, che considera la sua prigione, dà sfogo all’angoscia scrivendo.
È questo il tempo in cui l’Arcadia ha già molti proseliti: in ogni casa, in ogni palazzo si aggirano “pastorelle” dipinte e no e bastano pochi versi ad accreditare giovani signore all’empireo dei poeti.
Caterina, sensibile e letterata, decide di omaggiare proprio l’amato e scomparso genitore con un poema di venti sonetti che viene accolto con molto interesse. Diventa anch’essa pastorella con lo pseudonimo di Dorina Nonacrina. A questo punto l’incontro con Andrea Tron, una delle figure più importanti del patriziato veneziano e della Repubblica, cambia definitivamente il corso della sua vita.
Nonostante sia ancora sposata, Caterina diventa la sua compagna. Tron le presenta intellettuali, nobili, uomini e donne di mondo; incontra illustri scrittori – Carlo Goldoni ad esempio le dedica la commedia La bella Selvaggia – che omaggiano la sua bellezza come la sua intelligenza.
Le frequentazioni di Tron le permettono di mettere a frutto e incoraggiare la sua curiosità: Caterina padroneggia la storia antica, conosce le nuove idee che arrivano dalla Francia attraverso le opere di Rousseau e di Voltaire, ama la letteratura preromantica anglo-francese.
Nel 1756, a poco più di un anno dalle nozze, avvia davanti al patriarca Alvise Foscari una causa diretta ad ottenere l’annullamento del matrimonio con Marcantonio Tiepolo, avvenuto, sostiene, contro la sua volontà e senza il suo consenso e perciò sprovvisto di effetto legale.

 

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