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Andrea Tarabbia
Madrigale senza suono.
È stato un bel impegno quello di raccontare la storia di Carlo Gesualdo da Venosa, principe, musicista di fama, madrigalista, uxoricida e omicida vissuto fra 1500 e 1600.
Una vicenda sicuramente che Tarabbia ha ritagliato probabilmente in mezzo a tante leggende e racconti popolari di pura invenzione. Non sappiamo se questa è la vera storia di Gesualdo da Venosa e se i suoi personaggi sono veritieri. Il dubbio è proprio forte su molti protagonisti, e sullo stesso Gioacchino Ardytti, colui che racconta questa storia in prima persona e trascrive il manoscritto:
Servitore fedele, ombra del suo padrone, alter ego, più che servo fratello, una figura un po' inverosimile che potrebbe incarnare lo stesso Gesualdo, forse rappresenta la sua anima nera, la parte oscura del principe. Uno sdoppiamento di persona creato ad arte. I dubbi sui protagonisti, sulla veridicità del racconto, vengono superati attraverso l'artificio e la riscoperta del manoscritto apocrifo, che giustifica tutta una serie di licenze.
Una vicenda comunque interessante incentrata sulla potenza misteriosa della musica, sulla riscoperta di Stravinsky che rilancia Il genio di Gesualdo, musicista raffinato, dalle sonorità impossibili e dalle note oscure.
La parte forse più interessante del romanzo è l'umanità di Gesualdo tormentato dal dubbio di un delitto non voluto imposto dalla necessità sociale. L'autore come nelle precedenti opere torna ad esplorare il male, tema dominante in tutta la sua produzione letteraria.

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